Il Napoli non è il Borussia Dortmund, nel bene e nel male
Leggo ultimamente di un Napoli in crisi contestato a priori, come se fosse uno sport. E vicino in molti appendono orgogliosi una sorta di paragone con il Borussia Dortmund, terzultimo in Bundesliga e non per questo contestato dai tifosi, che riempiono sempre lo stadio. Questo paragone così trascinato mi fa sorridere. Perché, per fortuna o purtroppo, come avrebbe detto il buon Giorgio Gaber, il Napoli non è il Borussia Dortmund.
Cultura. Il calcio è cultura, inutile negarlo. È dunque logico che ogni urbe o provincia interpreti la passione verso la squadra che la rappresenta in un certo modo. Non parliamo poi di una realtà operaia lontana 2mila km, forgiata da delle dinamiche sociali che noi napoletani non abbiamo mai toccato né conosciuto. I tifosi che ogni domenica o mercoledì riempiono il Signal Iduna Park (badate bene, stadio col nome dello sponsor!) sono i figli del boom della Bundesliga, campionato organizzato nella perfetta tradizione teutonica, dove le strutture sono accoglienti e recarsi allo stadio è facile. Un famiglia napoletana che intende giungere al San Paolo, almeno un’ora e mezza prima della partita, deve far fronte al traffico, al pizzo da elargire al parcheggiatore abusivo e a una rete stradale disastrata, sempre che non voglia recarsi a Fuorigrotta in una metropolitana fatiscente o in una cumana che sarebbe più adatto definire lumaca.
Successi. Nonostante avesse rischiato di fallire 8 anni fa, quando il Napoli iniziava la risalita, il Borussia Dortmund in quanto a palmarés è secondo solo al Bayern in Germania. A parte gli 8 titoli di Bundesliga, le vespe hanno in bacheca una Champions League. Niente a che vedere con gli azzurri che, Maradona a parte, possono contare sulle dita di una mano qualche Coppa Italia. Un’altra bella differenza. Possiamo dire che il Napoli ambisce a diventare il Borussia Dortmund d’Italia, ma i mezzi a disposizione sono altri e questo lo sanno tutti. Oppure no?
Allenatore. Jurgen Klopp non è Rafa Benitez. E viceversa. Il tecnico tedesco è un figlio di Dortmund, nonostante sia di Stoccarda. Sulla panchina giallonera dal 2008, dopo l’exploit col Magonza, ha creato il suo Borussia come un demiurgo, partendo praticamente da zero e dando alla squadra un’identità vera e propria. Egli sente le partite come pochi e gioca un calcio diretto, meno melenso di quello dal palleggio esasperato. Benitez è arrivato a Napoli già fatto, per far fare un salto di qualità alla squadra. Ma non è cresciuto insieme alla squadra e alla società. Non segue le partite come Klopp, che a volte esulta più dei suoi uomini in campo e sembra essere molto più ‘latino’ di Rafa.
Struttura societaria. Benitez è un perfetto manager all’inglese e ha bisogno di visionare attentamente e costantemente anche lo sviluppo del settore giovanile, che però non si allena a Castelvolturno. Klopp ha invece tutto a sua disposizione nell’arco di pochi metri quadrati e riesce, di conseguenza, a rendersi conto di eventuali effettivi da promuovere in prima squadra.
Queste sono solamente alcune differenze strutturali tra Napoli e Borussia Dortmund. È per questo che sorrido quando si effettuano paragoni così scomodi. Non c’è dubbio che noi napoletani siamo impazienti, ma stiamo parlando di due realtà diametralmente opposte. È giusto che a Dortmund nessuno chieda la testa di Klopp, che potrebbe fare anche il sindaco, nonostante il rischio di retrocessione. Ma è anche giusto che il tifoso che paga e soffre possa esprimere il suo dissenso.
Napoli non è Dortmund. Il Napoli non è il Borussia. Per fortuna. O purtroppo. Perché quest’anno non sentiamo le sirene della Champions League ma non rischiamo neanche di retrocedere. Siamo sicuri che cambieremmo la nostra situazione con la loro? Pensiamo al Parma, pensiamo alla Juve lunedì. E soprattutto pensiamo a noi e non agli altri, che vivono in universi paralleli.