Così parlò Bellavista, in sala con De Crescenzo 30 anni dopo
di Errico Novi
La cosa più bella, che non dimenticheremo mai, sono gli occhi caldi di commozione di Luciano De Crescenzo. «Non ci credo, mi sembra un sogno». Trent’anni dopo l’uscita nelle sale il suo Così parlò Bellavista viene proiettato al cinema Metropolitan di Napoli. E lui, il nostro grande Luciano, ci viene con la gioia di chi sa che quel film è un pezzo della nostra identità. «Fa un po’ parte di Napoli, come i palazzi qui attorno», dice al suo arrivo. Grande idea. La si deve a Francesco Emilio Borrelli, giornalista e leader campano dei Verdi, a quel piccolo e inafferrabile diavolo di Gianni Simioli, la voce forse più conosciuta dell’etere radiofonico partenopeo, e al proprietario del multisala Francesco Caccavale. Ci si ritrova tutti a ripetere le rime di “Luigino il poeta”, ad applaudire il professor Bellavista alla sua entrata in scena come se stessimo a teatro, a fare foto con il grande Benedetto Casillo pure lui presente alla proiezione. Soprattutto ci si ritrova ad accorgersi che Napoli ci è un po’ sfuggita di mano. Quella meravigliosamente rappresentata da De Crescenzo era già piena di problemi. Ma aveva una sua speranza. Nell’ultima sequenza, prima di salutare la nascita del nipotino sul volo per Milano, il professor Bellavista rassicura l’amico Cazzaniga: «Nonostante tutto, in questo mondo di bombe atomiche, Napoli è forse l’ultima possibilità che ha l’umanità per sopravvivere». È ancora vero trent’anni dopo?
Prima di spegnere le luci Borrelli guarda le centinaia di persone assiepate in sala e urla «siamo la Napoli delle persone perbene». È vero, ci sono tanti bravi ragazzi che nel 1984 erano poco più che bambini, e che forse a un certo punto del film hanno fatto un conto. Hanno chiamato l’appello dei loro amici e compagni di allora, per vedere quanti se ne sono dovuti andare a Milano o chissà dove per darsi un futuro. Proprio come Geppy Gleijeses, il genero di Bellavista costretto a emigrare con la moglie incinta. Ecco, quelli che il conteggio lo hanno fatto si saranno accorti che dei loro compagni di vita di allora sarà rimasto a vivere sulle rive del Golfo sì e no il 20 per cento. Gli altri li rivedi a Natale che tornano da ogni luogo possibile. E allora come stanno le cose, a distanza di trent’anni? Una cosa di sicuro non l’abbiamo persa, ed è la nostra umanità. Ne abbiamo quasi pudore perché il mondo ha detto che non basta, e perciò la si coltiva solo in forme private. Ma almeno ieri sera ce lo siamo detti, che in questa nostra umanità continuiamo a crederci nonostante tutto. «Dalle cose belle si trova la forza per ridare un futuro a questa città», dice Borrelli. È vero, non c’è dubbio. Ma bisogna ricominciare a fare squadra. A credere nella possibilità di una Napoli che rifiorisca tra i suoi dissesti. E soprattutto a smettere di guardarla come una donna bellissima ma così inafferrabile da non poterle stare vicino. Se c’è un esempio è proprio Luciano De Crescenzo, che nonostante il peso degli anni viene qui a prendere un microfono con la voce rotta e a dirci «vi voglio bene». Con lui abbiamo rivisto i Fatebenefratelli, cioè i “Fratelli Sorrentini” della scena in tribunale, la grande Marina Confalone che a ogni battuta scatena ovazioni da stadio e lei stessa si riguarda incredula. E ancora Massimo Colatosti, il benzinaio delle «tremila lire… s’avessa ’mbriaca’ ’a machina». A lui abbiamo chiesto di ripetere la battuta a fine proiezione, in un video molto artigianale, perché assolutamente non programmato, che troverete in coda agli altri postati qui sotto l’articolo.
Ecco, ve li lasciamo pur con tutta la loro pessima qualità di ripresa solo per darvi un’idea dell’atmosfera che si respirava ieri sera. Oltre duemila presenti e due sale stracolme per la doppia proiezione. Vi segnaliamo il portale fanpage.it, media partner dell’evento, dove trovate invece uno splendido reportage, con tanto di interviste a De Crescenzo e agli organizzatori. Un’ultima cosa: Extranapoli racconta la nostra passione per la maglia azzurra, non la città che tutti vorremmo cambiare. Ma proprio il Napoli è forse la dimostrazione di come da queste parti si possano ancora realizzare i sogni più belli. È la candelina accesa nelle mani di Bellavista che ancora crede in questa città come «ultima speranza dell’umanità per sopravvivere». Ci vogliamo credere anche noi. Ma c’è bisogno di essere in tanti a volerlo perché il sogno si realizzi.