La triste parabola del San Paolo, da dodicesimo uomo a tempio della memoria

Già dalla sfida contro lo Sparta Praga il popolo di Fuorigrotta deve gettare il cuore oltre l’ostacolo per schierarsi senza esitazioni al fianco degli azzurri. Perché, se non lo avete ancora capito, a questo punto non si tratta più soltanto di calcio
  • leggionline.info

    di Francesco Bruno

    Che l'eliminazione al playoff contro il Bilbao sia stata un'incredibile batosta per noi tifosi è inconfutabile. Così come non si può negare che il mercato del Napoli, senza l'arrivo dei due pezzi da novanta sbandierato dagli stessi Benitez e De Laurentiis alla fine della scorsa stagione, ci abbia purtroppo delusi. La sconfitta contro il Chievo è stata poi la "tranvata" finale. Il pessimismo montante da un mese a questa parte tra tifosi ed addetti ai lavori ha rotto gli argini ed è sfociato nelle assordanti bordate di fischi dirette a Benitez e alla squadra al termine di Napoli - Chievo. Certo, l’appello del mister a sostenere la squadra è stato in un certo senso ascoltato, visto che i fischi sono piovuti al termine della partita e nei novanta minuti il bersaglio della tifoseria è stato, come al solito, De Laurentiis. Ma il clima all’interno del San Paolo è ormai insostenibile, come sottolineato nel post partita di domenica anche da Gennaro Sardo, difensore del Chievo e tifoso del Napoli. Il San Paolo che spingeva gli azzurri a superare insperatamente armate invincibili come Manchester City, Chelsea, Borussia Dortmund e Arsenal, che faceva tremare le gambe a un fuoriclasse navigato come Yaya Tourè, è, almeno per il momento, un lontano ricordo. Proprio la sfida a Bilbao contro l’Athletic ha dimostrato che il confronto con le altre tifoserie europee è impietoso. Lì hanno sostenuto la propria squadra e i propri colori a prescindere, così come è accaduto a Liverpool dove, dopo la sconfitta inaspettata contro l’Aston Villa, la Kop di Anfield ha continuato a cantare You’ll never walk alone.   

    Qui da noi, invece, l’ultima novità sta nel fatto che, come riporta il Corriere del Mezzogiorno, il San Paolo è diventato anche il tempio per onorare la memoria dei defunti. Stanno facendo la loro comparsa striscioni e gigantografie dedicati a poveri ragazzi che hanno lasciato questo mondo in circostanze che nulla hanno a che vedere con il mondo del calcio. Oltre a Ciro Esposito, la cui vicenda, viste le circostanze della morte, merita il tributo alla memoria che gli è stato dedicato, durante Napoli – Chievo è stato ricordato anche Davide Bifolco che, come affermato dalla madre, era sì tifoso degli azzurri ma allo stadio non andava mai. Sono poi apparsi nei distinti striscioni celebrativi dedicati a due ragazzi deceduti, e sulla pista di atletica è spuntata una gigantografia di un altro giovane che purtroppo ha perso la vita.

    Il catino di Fuorigrotta, insomma, sta perdendo la sua peculiarità di impianto sportivo per diventare sempre più il luogo in cui vengono trasferiti i malesseri che attanagliano la nostra città. Una città che è agli ultimi posti in tutte le classifiche di vivibilità, ma ha una squadra da primi posti in campionato. Una città in ginocchio e una squadra in piedi, almeno per il momento. Un paradosso che, per tanti gufi e giornalisti del nord, non è sopportabile. E allora non prestiamo tafazzianamente il fianco a quelli che non vedono l’ora di dover raccontare che a Napoli, terra di fuochi, monnezza e delinquenza, anche il giocattolo calcio si è distrutto. Già a partire dalla sfida di Europa League proviamo a far ridiventare il San Paolo, adesso triste e distaccato, il posto dove andare a vivere con allegria la magia della città e del gioco più bello del mondo. Perché, come scriveva Boris Sollazzo, “non è in crisi il Napoli. Ma ci andrà presto, perché tutti lavorano per questo obiettivo”. E a quel punto non dovremo poi meravigliarci se a rifiutare il Napoli - e Napoli -  saranno non più Gonalons e Kramer, ma De Guzman e Lopez.

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