Il cuore azzurro nella Grande Mela: ecco il Napoli club New York

Da luglio il punto di riferimento è il ristorante napoletano “Ribalta”, dove a ogni partita si ricrea per magia l’atmosfera della terra d’origine. «Ma ormai siamo sulla mappa dei luoghi cult in cui anche americani e turisti seguono il calcio»
  • Gli appassionati del Napoli club New York, che in pochi mesi ha già raccolto 50 iscrizioni, in festa davanti al maxischermo del ristorante “Ribalta”

Intervista a Luca Dombrè, anima pulsante del Napoli club New York

di Francesco Albanese

Nemmeno un oceano basta a placare una passione.

Impossibile. Anzi, come forse è facilmente intuibile la distanza non fa che aumentare la passione, la voglia di fare gruppo e ritrovarsi per soffrire e gioire insieme davanti allo schermo.

Ci racconti un po’ com’è nato e da chi è costitutito il Napoli club NYC?

Il Napoli club New York nasce nel luglio scorso per iniziativa di alcuni dei membri che già animavano il vecchio club intitolato al presidente De Laurentiis. Quell'associazione fu un'esperienza dai diversi aspetti positivi, ma che aveva bisogno di rinascere in una struttura più forte e con una sede definita. In estate ci siamo ritrovati a parlare dell'idea di creare un club nuovo di zecca che diventasse finalmente un punto di riferimento solido e riconoscibile, e vista anche la disponibilità del ristorante napoletano Ribalta (i cui proprietari sono anche due dei fondatori del club) il cerchio si è chiuso alla perfezione. Siamo partiti in cinque, e oggi siamo a oltre cinquanta iscritti, un numero che sale in maniera costante a ogni partita.

In cosa consiste il vostro rito domenicale?

Non abbiamo dei rituali di gruppo particolari, anche se alla fine di ogni vittoria parte sempre ’O surdato 'nnammurato. Personalmente, pur non essendo superstizioso, finora ho quasi sempre guardato le partite allo stesso posto dello stesso tavolo...

È possibile tracciare l'identikit del socio NcNYC? Il Napoli “tira” solo nella comunità italiana o raccoglie simpatie anche tra i newyorchesi di altre nazionalità?

In genere i nostri soci sono napoletani residenti a New York oppure in altre città, ma che si trovano a venire spesso da queste parti. Ad esempio, uno dei nostri soci onorari è il professor Antonio Giordano, medico e ricercatore di caratura internazionale e grande tifoso azzurro. Poi ci sono anche alcuni italo-americani e si è associato perfino qualche napoletano venuto qui in vacanza.

Vi piace lo stile a stelle e strisce di De Laurentiis?

Lo stile “americano” del presidente è interessante e condivisibile nella misura in cui riflette la volontà di apportare innovazioni necessarie nel calcio non solo italiano, ma europeo. Prendere spunto dagli sport professionistici statunitensi per attualizzare le strutture e le idee molto spesso preistoriche in cui si muove il calcio italiano è un suo vecchio pallino che ha molti buoni motivi di esistere. Basti solo pensare alla questione degli stadi e alla lentezza nell'approvare una legge che permetta alle società di costruire strutture di proprietà dei club. Siamo ancora lontani da Premier League o Bundesliga, da questo punto di vista.

Contro la Juve prevedete il tutto esaurito al “Ribalta”? Ci saranno anche tifosi Juventini?

Per domenica prevediamo un afflusso massiccio di tifosi azzurri (alcuni partenopei in vacanza che si sono uniti a noi anche per la partita col Marsiglia), ma anche bianconeri. Oltre che sede fissa del nostro club, Ribalta si sta proponendo come punto di riferimento per gli amanti del calcio italiano a New York, dunque partite di cartello come questa vedono necessariamente una mescolanza di tifosi e questa è una cosa di cui andiamo fieri. Da parte nostra c'è infatti la volontà di promuovere un modo di vivere il match senza tensioni che sfocino nell’odio e nella violenza. Non pretendiamo certo di vivere in una favola da “volemose bene” generalizzato: l'importante è che si riesca a seguire una partita con tutte le tensioni che comporta, ma essendo capaci e maturi abbastanza da autocontrollarsi. In tal senso, la visione di Roma-Napoli, col locale strapieno di tifosi di entrambe le fazioni, è stato un successo.

I newyorchesi come giudicano la vostra realtà? Il calcio per loro resta un oggetto misterioso oppure le cose stanno cambiando?

La realtà del nostro club è ancora molto giovane, ma ad esempio le esperienze maturate anche col vecchio club ci hanno, per così dire, messi sulla mappa del tifo calcistico in città (nella scorsa partecipazione in Champions abbiamo seguito le partite mescolate con i tifosi del Manchester City e del Chelsea). Essendo un luogo in cui sono presenti tantissime nazionalità, molte delle quali tradizionalmente appassionate di calcio (basta pensare alla massiccia presenza di latinoamericani), non si ha la forte impressione di trovarsi nel classico ambiente “alieno” fatto di americani esclusivamente interessati a baseball o football americano.

Quali sono le difficoltà per animare e tenere in vita un Napoli club così lontano dall'Italia?

Sostanzialmente i problemi sono perlopiù logistici. Uno dei problemi del vecchio club era appunto la mancanza di una sede fissa, non essendo facile averne una visti i prezzi altissimi degli affitti in città. Aver risolto questa difficoltà è stato importantissimo, tutto il resto è venuto di conseguenza: di napoletani tifosi del Napoli qui ne abbiamo tantissimi e tutti vogliosi di unirsi per vivere e contribuire a creare un clima “di casa”.

Il nuovo sindaco di New York ha origini beneventane. Avete già scoperto se è pure un cuore azzurro? Potrebbe farvi comodo.

Da quel che abbiamo potuto leggere su alcuni siti, pare che De Blasio sia un tifoso azzurro. Questo ci fa piacere e sicuramente verificheremo la possibilità di invitarlo a vedere presto con noi una partita del Napoli.

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