Ti conosco, Mascherano

Perché l'arrivo di Javier dovremmo aspettarlo come quello di Diego trent'anni fa. Ancora una volta un argentino, dal Barcellona, può farci diventare grandissimi
  • Javier Mascherano ai tempi del Liverpool e, sullo sfondo, Rafa Benitez
  • Daily Telegraph

    di Boris Sollazzo

    Ci siamo cascati. Una sosta di campionato porta a conseguenze devastanti giornalisti, tifosi e appassionati. Se sei tutti e tre - e qui lo siamo tutti, a Extranapoli - passi per tre diverse fasi. La prima è il sollievo: meno male, ti dici, dieci giorni in una bella posizione di classifica, con un 4-0 a rincuorarti, e la possibilità per la tua squadra di ritrovare la brillantezza. La seconda è l'astinenza. La intuisci quando guardi con tenerezza e apprensione persino Federico Fernandez in Argentina-Perù, ti commuovi per i tuoi svizzeri e i tuoi colombiani che andranno al mondiale, ti rabbui perché Mertens gioca poco nel fortissimo Belgio (ma sotto sotto godi: sarà più fresco per il Napoli). E aspetti Italia-Armenia per vedere Insigne. E se non ti basta, immagini il dopo Reina guardando Sepe far bene nel Lanciano primo in serie B. Sì, proprio quel quarto portiere così scarso (allora) che Reja a Firenze, nel gennaio 2009, fece rimanere Gianello zoppo in campo per qualche minuto pur di non farlo entrare. Con il numero 44 regalò il gol del definitivo 2-1 a Montolivo facendosi passare la palla sotto le gambe, anche se quella partita, in verità, verrà ricordata per la papera più clamorosa della carriera di Frey, su cross di Vitale. E per essere stata una delle poche in cui Rinaudo ha giocato titolare. La terza fase, però, è la peggiore. Per non pensare alla Roma, troppo forte per permetterci di alimentare speranze di vittoria, ma solo funeste e pessimistiche previsioni di sconfitta, ti affidi al calciomercato. Da Londra dicono che abbiamo 40 milioni di euro, Auriemma dà Monotoya già a Castelvolturno, De Laurentiis non esclude ritocchi con metafore di dubbio gusto sentimentale, la maggior parte dei cronisti sportivi si sbilancia nel parlare di tre innesti. Venerato ne dice di ogni e ne azzecca meno di José Alberti, che spesso non sa nemmeno dove andrà lui il giorno dopo. Troppo, per un cuore debole come il nostro.

    Anche perché, non prendiamoci in giro, basterebbe un nome solo. Forse due, se cacciano Matri dal Milan e vuole pagare di tasca sua per giocare al San Paolo.

    Sì, parliamo di Javier. Javier Mascherano, l'eroe dei due mondi. Quando Diego Armando Maradona allenava l'Argentina, alla domanda su che formazione avrebbe schierato, Lui rispondeva: "Mascherano e altri dieci". In quella sporca decina, per dire, c'era un certo Messi. 
    Il punto è che, lo sappiamo tutti, il difensore-centrocampista del Barcellona costituirebbe, con il suo arrivo, il salto di qualità vero, definitivo, clamoroso per la squadra partenopea. Trent'anni dopo Diego, insomma, un altro argentino e sempre dal Barcellona potrebbe cambiare la nostra storia. In fondo come Diego era l'artista supremo del dribbling, della fantasia che sfida la fisica e stravince, delle traiettorie impossibili, Mascherano è il fuoriclasse dei tackle, il poeta della grinta, il comandante della propria metà campo. Ovviamente le debite proporzioni non sono neanche da sottolineare: se Diego è Dio, Javier è un suo umile e volenteroso discepolo. 
    Ho sentito qualcuno dire che serve il Ciccio Romano del primo scudetto: quell'acquisto utile, non da prima pagina, che possa far quadrare il cerchio. Mascherano farebbe quadrare cerchi, triangoli, rettangoli, trapezi e pure due rette parallele con un paio di contrasti decisi, ne sono sicuro. 
    Serve questo ragazzo di 29 anni che in Catalogna stanno inspiegabilmente trattando come un peso (o quasi). Se si esclude il Tata Martino, infatti, il suo allenatore, a Barcellona ora non se la passa granché bene. Il rinnovo del contratto, pur ricchissimo, è stato solo biennale, la panchina la vede più spesso di quanto dovrebbe e vorrebbe, la fiducia dell'ambiente è minore e si è rispecchiata anche in un paio di errori non da lui. Eppure è il migliore del suo ruolo da sempre e anche e soprattutto grazie a Rafa Benitez, che l'ha reso un campionissimo al Liverpool (scusatemi, ma dire top player mi fa più schifo che definire ripartenza un contropiede). Il suo senso del recupero e del tackle scivolato è un incrocio tra le rudezze delle vecchie maniere d'un tempo e le diagonali degli zonisti moderni e più raffinati, la sua capacità di leadership è quasi imbarazzante (per compagni e avversari), sul suo senso della posizione potresti riscrivere le carte geografiche. E in un Napoli che dietro le bocche da fuoco e un Inler centrocampista di costruzione e collegamento ha solo il commovente Behrami, lui sarebbe indispensabile. E assolutamente perfetto. Possibile centrale di difesa o davanti alla stessa come il centromediano metodista di un tempo (sì, sono vecchio, lo so) trasformerebbe un reparto tremebondo e incerto in un fortino inespugnabile. Guardate Strootman: insieme a De Rossi scala con precisione certosina e agonismo selvaggio le marcature sulle uscite di Benatia e Castan sui portatori di palla dell'altra squadra. E i giallorossi sono diventati, d'un tratto, la squadra più forte e imperforabile d'Italia. Con Mascherano, probabilmente Reina potrebbe guardarsi la partita seduto appoggiato sul palo. Si potrebbe pure richiamare Rosati a parare. Parare, oddio, trattandosi di Rosati si fa per dire, è ovvio.

    Abbiamo bisogno di Javier, per tanti motivi. Ora che abbiamo esperienza internazionale, ci serve anche quella anagrafica. Ce lo vedete questo quasi trentenne sciogliersi all'Emirates, non entrare deciso su Zaza in Napoli-Sassuolo (e lo dico con tutto l'amore e l'ammirazione che ho per il più vecchio, di lui, Capitan Cannavaro), permettere a Gervinho quello che vedremo venerdì sera? 
    Mi direte: costa almeno 25 milioni di euro, e venti di ingaggio da dargli fino a 34 anni almeno. Sì. Ma chiudete gli occhi, immaginate un Napoli Store e ditemi che maglietta comprereste. Io la sua, senza dubbio. Mimetica, gialla, azzurra, pure a pois se la facessero.
    E se lo si prende a gennaio, poi a giugno si promette ai catalani Zuniga, che ti costa più o meno altrettanto di emolumenti (un milioncino in meno all'anno, rispetto all'argentino) e che con un'estate davanti potresti sostituire più facilmente. Un sacrificio doloroso che sono disposto a fare. Questo esteta del tackle, lo scultore di caviglie altrui, l'uomo che dipinge diagonali e scivolate, ci serve. E io lo voglio. Perché so, per certo, che se Riccardo Bigon replicherà il capolavoro di tigna che fu la trattativa per Diego di Juliano, e lo farà con Mascherano, noi saremo grandissimi già quest'anno. Apriremo un ciclo. Sarebbe un miracolo, ma va fatto: quella dichiarazione negli spogliatoi dell'Olimpico dopo l'amichevole Italia-Argentina di quest'estate non deve rimanere lettera morta.

    Ok, ora basta. Pensiamo alla Roma. Anzi, all'Olympique Marsiglia e al Torino. Perché son ben più importanti del match affascinante dell'Olimpico che mi toglie il sonno (e che quando me lo restituisce, mi fa sognare l'amato Mascherano). Qualsiasi sarà il risultato di venerdì, ci consegnerà risposte sbagliate. Depressione o euforia non giustificate. Ma la stagione si fa sulle partite che verranno dopo. E su quel mercato di riparazione in cui non si dovranno spendere 40 milioni per tre o quattro giocatori, ma 25 per uno solo. Javier. Javier, già immagino Decibel Bellini urlare questo splendido nome. E tutto il San Paolo fargli eco con un grido selvaggio "MASCHERANOOOOO". E scoprire che anche quel ragazzo dal cuore d'acciaio, i polmoni inesauribili e il carattere di granito, può emozionarsi.

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