Perché il mercato del Napoli è lento come un ministero

Siamo una monarchia assoluta: con un re genialoide, Aurelio, che però ha creato un eccesso di burocrazia per illudersi di controllare tutto, come succede sempre negli Stati totalitari... Ma per fortuna a consigliare il re c’è Rafa, il nostro Richelieu
  • [La vignetta è di Marco Bottino - Marco Bottino è su facebook]

    di Errico Novi

    Doverosa premessa: un presidente così lo dobbiamo solo benedire. E tenercelo con tutti i suoi tremendi difetti. Ci ha portato fin qui, ad allestire una squadra con alcuni campioni, guidata da un allenatore della top ten mondiale. Ma proprio dalla forza di alcuni nostri giocatori viene il maggiore rammarico. Se non vinciamo ora che con Higuain abbiamo uno dei migliori centravanti al mondo, uno dei più forti della nostra storia dopo Careca e al pari di Cavani, ma quando vinciamo? Se non ora che trent’anni dopo Krol ritroviamo in Albiol un centrale difensivo di grandissimo spessore, e che ci accorgiamo di aver scoperto in Callejon un piccolo Rooney in salsa latina, se non ora, quando? Certo, noi napoletani siamo straordinari nel coltivare la disillusione anche quando ci dovremmo compiacere dei risultati raggiunti. Però la squadra ci dà davvero buoni motivi per essere arrabbiati. Lo ha già spiegato su questo sito Boris Sollazzo, con un articolo che assimila gli azzurri a certi liceali bravissimi a tradurre il greco ma così distratti da giocarsi l’8 alla versione per la sciocchezza dell’ultimo rigo. Noi è da domenica scorsa che si sentiamo dei fessi, da quando abbiamo regalato il pareggio al Bologna, ma un po’ in fondo siamo corrosi dal rimorso già da mesi. E cioè da quando il Napoli non ha saputo assestare gli ultimi due colpetti al mercato estivo. Anzi ne sarebbe bastato uno, un centrale difensivo all’altezza di Albiol. Stiamo bene così, disse De Laurentiis. E quel “così” ci costa oggi almeno 7 punti in classifica.

    Siamo ancora fermi allo stesso punto dal 31 agosto 2013, quanto a completamento dell’organico: serve un centrale difensivo, anche perché la possibilità di recuperare Cannavaro alla causa è definitivamente compromessa. Solo che siamo lenti. Sì, abbiamo fatto un passo in avanti con Jorginho, necessario visto lo scadimento di Inler. E però prima di risolvere la pratica in difesa abbiamo ancora da trovare un’alternativa a Behrami, la cui assenza pesa terribilmente. Ma abbiamo solo altri dieci giorni di tempo. Pochi, considerati i ritmi delle nostre campagne acquisti. Così estenuanti da consentire a Bastos di deviare verso Roma quando Bigon aveva già definito tutto. Perché? Ormai è chiaro: il Napoli paga una forte lentezza del suo apparato legale e amministrativo. Quando deve preparare il contratto per un nuovo acquisto elabora papielli degni del Trattato di Lisbona. Nel frattempo quello va a giocare da un’altra parte. Perché non siamo snelli? Come mai ci difetta una virtù di cui noi napoletani siamo dotati in misura persino sovrabbondante, ossia la destrezza? Semplice: perché siamo una monarchia assoluta. Non un sistema democratico, repubblicano, magari presidenziale com’è giusto che sia in una società di calcio ma comunque fondato sulla cooperazione tra i suoi organi interni. Noi siamo il regno di Aurelio. E così sarà sempre.

    De Laurentiis ha intuito genialoide, straordinarie doti di leader, forza nel perseguimento degli obiettivi, lucidità imprenditoriale. Non siamo capitati male. Guardate come stanno messi gli interisti. Solo che il nostro presidente esercita le sue virtù con il classico metodo del capo che non ammette cessioni di sovranità. E come in tutte le monarchie assolute, finisce per allestire attorno a sé, anzi sotto di sé, un pesante apparato burocratico. Il Napoli pretende di assicurarsi su tutto, quando compra un giocatore. In particolare sullo sfruttamento dell’immagine, anche quando le prospettive di sfruttare davvero l’immagine di quel calciatore sono limitate. Cioè, secondo voi Bastos sarebbe diventato il nostro uomo vetrina? No, è evidente. Ma non appena definito l’accordo col suo procuratore, invece di mandarlo a prendere con un qualsiasi pezzo di carta in mano il Napoli si è messo a riscrivere il Codice di Giustiniano. È la meccanica del potere assoluto che impone queste complicazioni. Il monarca assoluto deve controllare tutto. E per farlo davvero non può affidarsi agli uomini, il che equivarrebbe a delegare più che a controllare. Il re si serve degli atti formali, con i quali si illude di tenere appunto tutti in pugno .

    Le monarchie assolute e i regimi totalitari in generale conoscono sempre questo eccesso di burocrazia. L’Unione Sovietica era un gigante appesantito dal suo mastodontico apparato, la monarchia francese dell’ancien régime si è avviata verso la fine a furia di assillare la Nazione con la pervasività dei suoi burocrati. Dello stesso fascismo italiano, l’arroganza dei mediocri gerarchi è ricordata tra i suoi aspetti più indigesti. Certo, noi abbiamo a che fare con una società di calcio e non con uno Stato. E nel nostro caso l’eccesso di formalismi è compensato spesso dai lampi risolutivi: De Laurentiis che sblocca l’acquisto di Cavani, Benitez che convince tre campioni del Real, in parte sottovalutati, a trasferirsi a Napoli. Ma comunque l’eccesso di burocrazia ci frena. Ne parla anche la Gazzetta dello sport di oggi: Bigon sarebbe fortemente rallentato, scrive la Rosea, dalla complessità degli accordi che il Napoli pretende di sottoporre ai calciatori.

    Che dobbiamo fare? La rivoluzione francese? No, teniamoci il nostro monarca assoluto. E confidiamo in Benitez, il nostro Richelieu. Confidiamo nella sua paziente e silenziosa persuasività. Nella sua voglia di vincere. Sarà assoluto, questo re, ma abbastanza illuminato da ascoltare le raccomandazioni di un consigliere così acuto. Che non a caso è stato lui stesso a scegliere.

    Condividi questo post