I 13 allenatori che il cinema suggerisce al Napoli, nel caso in cui "Sarriola" ci ripensasse

Aurelio De Laurentiis è un produttore cinematografico. E allora, con tutto il rispetto per Maurizio Sarri, noi ci permettiamo di pescare nella Settima Arte per suggerirgli l'identikit del prossimo mister azzurro
  • wikipedia

    di Boris Sollazzo

    Ci serve un allenatore. Abbiamo pensato a tutti. Avevamo in pugno il vincitore di due Europa League, ora contrattualizziamo il condottiero di Stia e Faellese, di Cavriglia e Antella, l'uomo che ha portato in A e poi salvato l'Empoli. Già lo immaginiamo indicare a Higuain i movimenti di Big Mac, a Gabbiadini di imitare Ciccio Tavano, obbligare Mertens ai movimenti di Pucciarelli e tenere in panchina Hamsik in favore di Saponara. Ma nel caso saltasse (con il Napoli, diciamocelo, succede spesso) noi abbiamo una sporca dozzina di suggerimenti. Cinematografici. Più uno. 

    1. Italo Celoro, grande attore, ricorda un po' Eziolino Capuano. Anche se Paolo Sorrentino ne L'uomo in più dice di essersi ispirato al compianto Bruno Pesaola. Ma l'impressione è che il Petisso fosse un filo più sottile. Certo, un discorso a fine primo tempo come questo noi ce lo sognamo la notte. Con un allenatore così, Higuain segnava il rigore del 31 maggio 2015 sfondando la rete, fosse solo per la paura di affrontare l'ira funesta di quest'uomo. Controindicazione: con il carattere di burro dei nostri calciatori di quest'anno, rischiamo di non vederli tornare in campo nella seconda frazione. 

    2. Tony D'Amato. Con la sua ossessione per i centimetri sarebbe perfetto per questo ultimo Napoli. Anche per un porno con Siffredi, a dirla tutta. Questione di centimetri è il salvataggio di Lulic in Coppa Italia, come il fuorigioco biancazzurro di pochi minuti prima. Di moltissimi centimetri, diciamo metri l'offside del Dnipro in Europa League. Ci immaginiamo così Marcello Lippi, che d'altronde è il Paul Newmann del nostro calcio. Di sicuro metterebbe in testa a quei nostri disgraziatissimi beniamini che bisogna impegnarsi Ogni maledetta domenica.

    3. Billy Beane. Questa è una soluzione ardita. In un colpo risolvi il problema dell'allenatore ma soprattutto quello del direttore sportivo. A Oakland quello vero vinse vendendo tutti i campioni e comprando giocatori con un software messo a punto da un collaboratore. Ce lo raccontano in Moneyball Brad Pitt e altri (qui la trattativa con cui Aurelio lo porterà a Napoli). Ora capisco il vostro terrore, ma non avendo Monchi disponibile, pensate davvero che un computer potrebbe fare peggio di Marino e Bigon e comprare Rinaudo o Donadel?

    4. Il capitano John Colby. Ora, già uno con la faccia di Michael Caine lo seguiresti ovunque, siamo onesti. Pure se assomiglia un po' troppo a Bobby Robson. Persino Maradona, nell'ultimo film di Sorrentino, lo tratta con deferenza. Inoltre è uno che riesce a vincere anche con l'arbitro contro. E non solo quello, diciamo pure un esercito contro. E si sa che a Napoli le linee nemiche le hai persino tra le tue. Infine, ammettiamolo, alla bisogna non esita a far spezzare un braccio al portiere che non vuole titolare (lungi da noi qualsiasi riferimento a Rafael e Andujar in favore di Reina, sia chiaro). Le sue tattiche sono estremamente semplici, sa farsi rispettare con gli avversari, nella preparazione fisica se la cava il giusto e infine non ha la nostra sfiga sui rigori. Insomma questo capitano è il miglior viatico per una Fuga per la vittoria.

    5. Herb Brooks. Certo, Kurt Russell con il parrucchino ricorda un po' troppo Antonio Conte. E pure nei discorsi alla squadra. Certo, uno è un coach di hockey sul ghiaccio, l'altro è "agghiacciande". Ma dal perdere partite che nove volte su dieci vinceremmo, potremmo finalmente iniziare a fare anche il contrario. Per un Miracle, un miracolo, è l'ideale. E se poi i nostri pareggiano o perdono quando dovrebbero solo trionfare, se pensano alle donne mentre c'è da vincere un match fondamentale, lui sa come punirli.

    6. Nelson Mandela. Sì, lui. Per tutti coloro che hanno bisogno di una guida spirituale, politica, morale e gli fa schifo vincere. Per loro c'è lui. Che peraltro al Sudafrica l'ha fatto vincere intortandone il capitano con aneddoti e massime. Perché con tutto il rispetto per Rafa, Madiba gli dava una pista in quanto a chiacchiere. E si è fatto vari anni di carcere: ora, con tutto il rispetto, due anni con Aurelio, per quanto difficile possa essere la convivenza con un uomo così vulcanico e ingombrante, non sono assimilabili alla sofferenza del compianto Nelson. Sa cos'è la gabbia meglio di Corrado Orrico, ha sempre fatto ottime letture, è colto, nei momenti giusti sa farti crescere intellettualmente con una frase delle sue. E se fa un giro di campo, poi vinci pure la coppa più importante. E poi "il capitano della mia anima" è più figo di "sin prisa sin pausa", siamo sinceri. Controindicazione: nonostante sia Invictus, è morto.

    7. Sergente Maggiore Hartman. Sì, lo so, vi piace pensare che uno così possa essere Fabio Capello. E so anche che queste parole dopo Napoli-Lazio 2-4 le avreste dette anche voi, a tutti i giocatori del Napoli. "Qui vige l'uguaglianza assoluta, qui non conta un cazzo nessuno" (capito Pipita?) deve essere la frase incisa su ogni parete degli spogliatoi del San Paolo e di Castel Volturno. E finalmente avere dei Full Metal Jacket che forino ogni difesa, ogni nemico, potrebbe farci comodo. Ho ancora tanta di quella rabbia in corpo che io propendo per lui. Peraltro l'attore che lo interpretava fa di cognome Ermey. Già, l'anagramma di Emery.

    8. Oronzo Canà. Lo sapete è un nostro beniamino. Si ispira a Niels Liedholm, ma è più Carletto Mazzone. In sede di calciomercato si fa far fesso dal suo presidente proprio come piace a De Laurentiis, in ritiro poi è uno che apre le porte alle rivoluzioni tattiche. Bizona o la zona per tornare in B? Poco conta. Almeno ci sarà da divertirsi. Con i suoi 33 schemi su calcio da fermo, diciamocelo, Sarri ci ricorda un po' il 5-5-5. Ci serve proprio un allenatore nel pallone.

    9. Brian Clough. Ha vinto la Coppa dei Campioni, due volte, con un club come il Napoli. Anzi, persino meno blasonato. Fa discorsi semplici, è un egocentrico, non guarda in faccia a nessuno. Al limite dell'autolesionismo. Persino quando perde rimane il migliore. Ed è esistito davvero. Non dobbiamo paragonarlo a nessuno. E' Brian Clough. Il migliore, appunto. A me ricorda un po' Sarri, a dirla tutta. Anche se l'umiltà li divide. Controindicazione anche per lui, però: è morto. Proprio mentre il Napoli falliva. Tutta colpa del Maledetto United.

    10. Eric Cantona. E' vero, lui ora fa l'attore. E' vero, neanche vuol sentir parlare di calcio. Ma magari offrendogli i prossimi dieci cinepanettoni e un film da regista lo convinci. E soprattutto uno così farà sentire finalmente Marek Hamsik uno importante. Che il nostro capitano fa assist in quantità, oltre ai gol, ma nessuno se ne accorge. Nessuno lo apprezza. E invece l'ultimo passaggio è l'essenza del calcio. Sì, voglio Il mio amico Eric.

    11. Erik Dornhelm. Allena il Newcastle nel film Goal. Dice due grandi verità al campioncino sudamericano, il Vargas di turno. La palla corre più veloce di te (soprattutto se sei un calciatore del Napoli) e il nome che porti davanti è più importante di quelli che porti dietro (e qui probabilmente si riferiva a Higuain e Callejòn). Sperando che non sappia fare solo questo tipo di allenamenti, ma anche qualche ripetuta ed esercizio aerobico complesso, sarebbe l'ideale. 

    12. Benito Fornaciari e José Buonservizi. Aurelio già ha in sé l'Alberto Rossi borgorossiano. Anzi, il Fornaciari aveva uno stile più british, diciamocelo. Buonservizi poteva essere Emery, a Sarri che voterebbe Landini lo slogan "chi si ritira dalla lotta" non si addice granché.  E poi diciamocelo, Aurelio per un campione come Omar Sivori non farebbe come il buon Benito, non perderebbe tutto. Non rischierebbe neanche l'ultima delle sue utilitarie. Giustamente. Però ad arringare la folla così ce lo vediamo. Carlo Taranto, ovvero l'allenatore definito Lo Stregone nel film, ci farebbe un gran comodo: peccato ci abbia lasciato, il grandissimo caratterista napoletano, due mesi prima del nostro primo scudetto.

    13. Boris Sollazzo. O Paul Ashworth. Perché solo chi ama ferocemente, dolcemente, irrazionalmente, tragicamente, nobilmente, selvaggiamente, irriducibilmente una maglia, può capire cosa vuol dire il Napoli. O l'Arsenal. L'orgoglio e l'amore, la follia e la passione, il riscatto e l'ideale. E allora un tifoso in panca, forse, risolverebbe molte cose. Chissà. Forse, diventerebbe più saggio il tifoso stesso. Anche se dalla sua Febbre a 90° non guarirebbe mai.

    Condividi questo post