Napoli, la più grande tra le piccole?

Mercoledì sera il Napoli di De Laurentiis ci dirà cos'è. E noi lo ameremo comunque. Ma chiediamo chiarezza: siamo un'Udinese forte o un potenziale Atletico Madrid?
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    Barcellona-Villareal-Bilbao. Con una colonia spagnola così folta e capitanata da Rafa Benitez era inevitabile che l'estate partenopea si dovesse giocare su un percorso come questo. Già perché il Napoli ha sognato il blaugrana Mascherano, si è trovato tra le mani il canarino, il sottomarino giallo del Villareal De Guzman (in prestito da un anno e mezzo allo Swansea, con cui nella scorsa Eurpa League segnò proprio alla sua nuova squadra) e ora soffre per aver trovato nel sorteggio infame del preliminare un Athletic Bilbao che con tanto pressing e ancora più fortuna ha messo fuori dal salotto buono della Champions League, almeno con un piede, se non di più, la società di proprietà di De Laurentiis.

    Ed è spagnolo, appunto, anche il cupo Rafa Benitez (almeno da dieci giorni non nasconde il suo malumore, pur non esplicitandolo con parole chiare), così come lo è José Callejòn, decisamente la controfigura dell'instancabile fenomeno dell'anno scorso. Persino i tifosi, troppo presi dalla loro divisione poco intelligente tra “papponisti” (quei geni che dicono “meglio la c di un presidente così”) e “aureliani doc”, si dimenticano di tifare, lasciando la squadra sola, fischiando Britos e soprattutto Insigne – e non è un caso che dal loro lato arrivi il gol basco – e facendosi riprendere da Dries Mertens che aizza Curva B e Distinti probabilmente basito da tanto assordante silenzio. Eppure sugli spalti, proprio quelli, si era inziato benissimo, con una coreografia semplice, bellissima e struggente dedicata a Ciro Esposito. E con cori che ne scandivano il nome con emozione e solennità.

    Cosa sta succedendo alla sorpresa degli ultimi anni? Al miracolo imprenditoriale, sportivo e di calore che è il Napoli del nuovo millennio, al tifo che piegò il Manchester City terrorizzandolo con la sua torcida (parola di Yaya Touré), al presidente che ha dato solo soddisfazioni, finora, ed è riuscito a conquistare uno dei più grandi allenatori del mondo, a una rosa che potenzialmente è fortissima ma che, spesso, manca nei suoi elementi migliori nei momenti decisivi? Callejòn che sbaglia un 2-1 che avrebbe messo ko il Bilbao, perché repentino, o Hamsik abulico, dicono molto dell'incompiuta azzurra.

    E ora arriva De Guzman: giocatore di valore e pagato piuttosto poco, destinato a un grande futuro come il carneade Koulybaly, ieri tra i migliori in campo. Se ne sono andati Behrami, Fernandez e Reina. E ieri se n'è sentita la mancanza, anche se Gargano sembrava diventato il miglior Busquets. “Friggere il pesce con l'acqua”. A Napoli usano quest'espressione per descrivere chi fa tutto con poco e niente. E allora, però, bisognerebbe gettare la maschera: il Napoli vuole rimanere la più grande delle piccole? Vuole continuare a scambiarsi giocatori con lo Swansea e rimanere fuori dai più importanti giochi del calciomercato (anche perché alieno alle logiche mafiose dei fondi privati sempre più invadenti nelle trattative)? Vuole rifondarsi solo ed esclusivamente quando vende il campione e può andare a fare la spesa al Real? Vuole, infine, De Laurentiis, continuare a estenuare i suoi allenatori migliori dietro dichiarazioni trionfalistiche che non corrispondono agli effettivi messi a disposizione? Nessun accusa ad alcuno, ma dopo il 27 si giocherà molto del futuro azzurro. I ragazzi di Benitez, lo hanno dimostrato nel secondo tempo, possono e devono passare il preliminare, con un'impresa. Ma Rafa deve dire se rimarrà a Castel Volturno e se aprirà un progetto sul modello di Valencia e Liverpool. Aurelio dovrà smettere di lasciarsi andare a sbruffonate e ammettere che lui non può né vuole investire personalmente sul Napoli, ma solamente gestirlo con grande abilità e facendo autentiche acrobazie per mantenerlo come una società sana e redditizia, sportivamente ed economicamente, al di là delle proprie possibilità ambientali e strutturali (ricordiamo che in 10 anni al produttore cinematografico non è arrivata un'offerta per la sua società, neanche una). Quindi, lo dica: solo risorse interne, prodotti dei risultati sportivi (come la qualificazione in CL) e se ci sono compratori o soci danarosi, si facciano avanti.

    E si scuota anche la città: il Comune smetta di nascondersi e colpire la squadra, quasi come in una guerriglia, per quanto riguarda la storia dello stadio, e non solo. De Magistris ha fatto bene a fissare nella prossima primavera un confronto risolutivo sulle sorti del San Paolo: non ci siano proroghe. E i tifosi, infine, di fronte a tutta questa chiarezza, sappiano reagire come i colleghi dell'Atletico Madrid, del Borussia Dortmund, dello stesso Bilbao. Che non pretendono, ma costituiscono quell'uomo in più – anche grazie a impianti sportivi moderni e fatti per il calcio (difficile sgolarsi se una pista d'atletica ti castra) – che per realtà non centrali nella mappa del potere calcistico è fondamentale.

    Il Napoli, il suo presidente, i napoletani, i giocatori azzurri, i tifosi e l'allenatore devono quindi tirar giù la maschera e rivelarsi. Praticando il gustoso gioco della verità, ammettendo limiti e inseguendo sogni, si potrà far qualcosa di grande sotto il Vesuvio. Altrimenti, si rimarrà grande tra i piccoli e piccoli tra i grandi, con tanti complimenti, a Londra e Manchester, magari, ma senza un salto di qualità che ora sarebbe a un passo. E che, se non dovesse arrivare, lo diceva la faccia cupa di Gonzalo Higuain ieri, tipica di un campione che ha dato tutto in campo – inventandosi un gol che univa Careca e Gerd Muller – e vuole vincere al San Paolo e con la maglia che porta con orgoglio. Ma ha paura di non riuscirci. Anche il Pipita non rifiuti le domande la prossima volta, ma parli: ce l'aveva con dei compagni, contro la sfortuna oppure con la campagna acquisti? Essere leader è anche questo: prendersi delle responsabilità, metterci la faccia. Non il broncio.
    E senza condottieri la guerra non si vince. Al massimo ci si rende onore sul campo di battaglia.

    Eroici e perdenti, si può anche esserlo, soprattutto a Napoli. Ma è un destino che va affrontato con consapevolezza.

    (tratto da Il Garantista)

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