La Top Ten musicale della Supercoppa Italiana

Con colpevole ritardo tornano le dieci perle del dj Sollazzo (ha finito di festeggiare la Supercoppa dieci minuti fa. Ricomincia domani). C’è una colonna sonora che ha accompagnato le nostre due ore a Doha. Lui vi consiglio di inciderla su un cd. Eccola
  • napolimagazine.com
    Di Boris Sollazzo
     
    A me succedeva soprattutto al liceo. Prendevo una Tdk da 90 o addirittura da 120 e registravo canzoni che tutte insieme raccontavano quel periodo della mia vita. Ora, con l'età adulta (si fa per dire: basta vedere le mie esultanze per capire che la mia maturità è un'utopia) quest'abitudine si è persa. Sbagliando. Perché dà una grande soddisfazione comporre la colonna sonora della propria gioia. E io di canzoni ne ho trovate dieci. Più una. Anzi due.
     
    Caro amico ti scrivo. Come non pensare a Lucio Dalla quando Tania, piegata sul tavolo, armeggiava con il cellulare durante i rigori? Avrà pensato "così mi distraggo un po'"? Chissà, la verità è che era commovente la sua amicizia verso Francesco, in ospedale per una caduta della mamma. E anche se in quel momento era lontano, lei gli ha scritto più forte. Perché da quando era partito c'erano grosse novità: la sfiga era finita e la Supercoppa stava per arrivare. Essere del Napoli, essere extranapoletani è anche questo. Vivere insieme gioie e dolori, sempre e comunque, anche quando sembra impossibile. Io, per esempio, ero a Roma. Con i portafortuna Antonio e Caterina (Santa subito), con Ale, Fra, Errico, Domenico, Dario e la mia grande sorella. Ma ero anche qui, con altri miei fratelli.
     
    Cuore matto. Quello di Gargano, che pulsa forte anche al 118', quando mette corsa, cazzimma e rabbia in un cross di rabbia e voglia. Quello di Little Johnny, che lo butta oltre l'ostacolo e oltre chi lo marcava sulla fascia sinistra prima del suo assist per il primo pareggio. Il mio, il nostro, che han sopportato quattro match-ball avversari prima di vincere come mai avremmo immaginato e sperato. Un cuore matto che "ti perdona tutto quello che fai". Prendi Raul Albiol che al giovane Little Tony assomiglia pure un po': io non riesco a pensare alla stupidaggine che ha regalato il primo gol a Tevez, ma solo alla discesa disperata nella trequarti avversaria - la sua unica in tutta la partita - dopo due ore. Da lì arriva il 2-2, chi ama non dimentica.
     
    Bisogna saper perdere. "Non sempre si può vincere" dicevano i The Rokes. Marotta con le sue urla, Nedved con le mani davanti al viso, Barzagli che non gioca da mesi ma per esultare prima del tempo rischia ogni tipo di ricaduta, Agnelli che ha un mancamento, forse, sono peggio di chi, rapinato a Pechino, decise di non partecipare alla cerimonia di premiazione. La faccia degli emiri che guardano la tribuna bianconera è tutto un programma. E un godimento in più per noi.
     
    Meraviglioso. Gonzalo Higuain, lo vedi che quando vuoi sai essere "meraviglioso!". "É vero, credetemi è accaduto" che un altro argentino ha fatto piangere la Vecchia Signora. Ora non hai più scuse: due gol di classe e rapina, due capolavori di tecnica e tempismo spenti su un palo bastardo e un Buffon soprannaturale. Pure un rigore tirato come dio comanda. Insomma, Pipita, dipende solo da te vincere con questa maglia. Che con l'azzurro addosso si gode di più, te l'ho letto negli stessi occhi che per noi hanno pianto dopo Napoli-Arsenal. Vinciamo insieme per anni. Ridendo di chi ti vuole avere solo con grotteschi fotomontaggi. Altro che chiesa al centro del villaggio, tu puoi essere colui che siede alla destra di D10S. 
    Perché quando vuoi sai essere meraviglioso. Che sia di Modugno o targato Negramaro. Pare peraltro, ci si perdoni il politicamente scorretto, che quest'ultimo sia il soprannome che i tifosi bianconeri hanno dato a Koulibaly: perché li ha ubriacati con il suo rigore, cosa avevate capito?
     
    Ricominciamo. Me lo immagino Rafa Benitez versione Adriano Pappalardo, urlare "Riconciamo! Lasciami gridare, lasciami sfogare, io senza coppe non so stare....". E già perché lo avete visto il nostro torero come urlava, si dimenava dopo entrambi i gol di Carlitos? Gli ultimi 15 minuti l'energia, ormai esaurita, ai ragazzi l'ha data lui. Incazzato e deciso, altro che Mourinho. Ci ha creduto più di Al Pacino in Ogni maledetta domenica. 
    Ce lo immaginiamo quasi giustificarsi con Pecchia per aver lasciato il taccuino, cantando "io non posso restare seduto in disparte, né arte né parte, non sono capace di stare a guardare". E infine ai rigori dire ai suoi "ti seguo, ti curo, non mollo lo giuro perché sono nel giusto" e all'errore di Callejòn prodursi in uno stoico "Cosa vuoi che faccia? Io sarò una roccia. Guai a quello che ti tocca...".
     
    Tutti i miei sbagli. "Tu sai difendermi e farmi male. Ammazzarmi e ricominciare,
    a prendermi vivo. Sei tutti i miei sbagli". Ora io immagino tutta la difesa cantare questa serenata al povero Rafael, dopo la parata su Padoin. Dopo mesi da Mondini, durante la partita ha fatto il Reina, nei supplementari si è riposato, poi contro Tevez è diventato Dudek con una spruzzata di Grobbelaar e all'ultimo rigore si é reincarnato nell'incontro virtuoso tra Taglialatela, Jascin e Handanovic. E San Gennaro.
    Ora diciamolo: il nostro deve farne di strada, e pure parecchia, soprattutto oltre la linea di porta percorrere qualche metro in più non guasterebbe, però noi dobbiamo smettere di mettergli addosso tutti gli sbagli. Suoi e dei compagni. E pure i nostri.
     
    La descrizione di un attimo. "le convinzioni che cambiano". Ora per carità io non è che voglia puntare il dito su chi non ci credeva. Però un po' voglio divertirmi. Con chi ora crede persino nello scudetto e con chi fra un po' parlerà di "supercoppetta". Gli stessi magari che dicono "no, la terza coppa Italia no eh?", perché a noi piace vincerne tante in vent'anni e rotti, mica in cinque. I medesimi che invidiano la Roma che ha fatto cinque punti nel girone di Champions e dicono che in realtà l'anno prima contro Arsenal, Borussia e Marsiglia (ora primo in ligue 1) i nostri 12 valevano la metà. Perché la matematica partenopea non é euclidea e funziona come il giudizio sui giocatori: palloni d'oro se alla fine non vengono, brocchi o sovrappeso se arrivano. La chiamano la sindrome di Zuculini-Sesa. La descrizione dell'attimo in cui quelli che gufano tornano a tifare è difficile quanto scoprire il senso della vita. Ma è divertentissima. Detto questo "venitev' a prend' 'o perdono", abbracciatemi che io voglio ancora cantare, ballare ed esultare. 
     
    Merdman. Ancora Lucio Dalla. Che Napoli peraltro l'amava fortissimo. E sì, il titolo significa proprio quello. Potete dedicarlo a chi volete: a Valeri che non ammonisce Pogba e Pirlo ma compensa dando il giallo a metà della nostra squadra, ad Agnelli, perché ci sta sempre, a Lichtsteiner che in campo è gradevole quanto i capodanno in tv. A Sara Tommasi, ma perché poi sparare sulla croce rossa? A chi dice in tv d'essere tifoso, sguazza negli insuccessi e poi diventa rafaelita quando compare una coppa. Fate voi. Anzi, scriveteceli i vostri Merdman nei vostri commenti sui social: i più divertenti ed educati li pubblicheremo. Basta che sia " un qualcosa di schifoso mai visto" e che "a parte il puzzo veramente micidiale, abbia in sé qualcosa di familiare". E come disse Obi-Wan Kenobi, rendici fieri di te, giovane Padoin.
     
    We are the champions. Sì, la sento e urlo da una settimana. Come quella notte, dopo un'altra finale, dopo un'altra vittoria contro la Juventus. Spengo solo quando ho voglia di cantare a squarciagola "i campioni della Supercoppa siamo noi". 
    Ma di quella canzone non mi piace "no time for losers" o il ritornello, che pure è celestiale. No, mi piace l'inizio "I've paid my dues" e una frase che per me conta tutto, nella vita e allo stadio "we'll keep on fighting. Till the end". 
     
    I duri hanno due cuori. Lorenzo Insigne. Che voleva e doveva esserci. Perché la sua doppietta ci ha portato a giocare questa coppa. Perché è rimasto a Napoli a lavorare per tornare a tempi di record, anche se poteva seguire i compagni. Perché quella coppa è sua, anche se non ha tirato i rigori e non ha giocato quei 120 minuti. E poi Walter Gargano. Fischiatelo pure, alfieri della purezza. A me di che squadra prendesse per giocare con la playstation mi è sempre fregato poco. So so lo che quando ha difeso la nostra maglia lo ha fatto, SEMPRE, con impegno e fierezza. Ecco perché mesi fa dicevo che l'avrei rivoluto in rosa (guardate dal minuto 10). 
    Il suo assist a meno di due minuti dalla fine, la corsa, subito dopo, a fare a spallate con Pogba, il discorso ai compagni prima dei rigori in cui li incita uno per uno. Quello conta. Per me non è solo un napoletano vero, per me è un capitano. Come Marek, per 80 minuti eroico e poetico e bellissimo quando alza i trofei. 
     
    Bonus track. I migliori anni della nostra vita. Non deve dirci Renato Zero che questi anni napoletani potrebbero esserlo. Basta crederci e non remare contro. Siamo risorti e ora gli altri si riempiranno pure la bocca di proclami, ma quando vince la Juventus, vinciamo solo noi.
     
    Ghost track. 'O surdato 'nnamurato. La versione che mi ha commosso. In una vasca di Doha: l'argentino Higuain, il belga Mertens, l'olandesefilippinogiamaicanocsnadese De Guzman, l'algerino Ghoulam, lo spagnolo Raul Albiol, lo svizzero Inler. Tutti a cantare la nostra canzone. Quella che i coerenti pieni di mentalità definiscono da occasionali e che il presidente ci ha tolto per un remix così brutto che pure lui non l'ha voluto più sentire. Quei magnifici sei ci dicono che essere napoletani è un onore, un privilegio, una gioia. E che l'orgoglio non ha confini. Tutto il mondo, in quella vasca, cantava con noi. Per noi.

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