Le dieci colpe (e colpevoli) della crisi del Napoli

Noi non risparmiamo nessuno. Noi sappiamo chi è il responsabile della crisi del Napoli, qual è il motivo della nostra decadenza senz'appello. Fate girare!111!!! Il tifoso devono sapere!11!!!1!
  • parmafanzine

    di Boris Sollazzo

    A ogni sconfitta, la sua colpa. A ogni passo falso, la sua Cassandra. A ogni errore, il laureando di Coverciano mancato (pare che quel mattino avesse judo) che insegna calcio a Sarri. A ogni stop, il duro e puro che magari un tempo applaudiva adorante Aurelio De Laurentiis in bomberino azzurro e che ora gli dà del pappone. Perché Napoli merita di più - pure se di fatto non l'ha mai avuto, Diego escluso - ed è colpa di chi non caccia i soldi, che però è lo stesso che a meritare di più ti ci ha portato. Noi proviamo a sorridere di tutto questo e volando tra forum e siti che parlano della nostra passione azzurra, talk radiofonici e televisivi locali e naturalmente social, abbiamo stilato la lista dei colpevoli di questa crisi azzurra ancora non iniziata ma ormai data per scontata da tutti.

    1. Maurizio Sarri. Il tosconapoletano non ha piani B. Fa niente che pure Spalletti all'attuale 3-4-1-2 ci sia arrivato per necessità, perché i suoi laterali sparivano come i generi di prima necessità in guerra. E che Montella non cambi idea neanche sotto tortura, che Paulo Sousa per seguire la sua strada ostinatamente butti al vento una qualificazione di Europa League già in cascina, che persino Gasperini cambia giocatori (pescandoli dal vivaio) ma non modulo. E pure Pioli non è che abbondi in fantasia, nonostante i risultati. E lo stesso Allegri, unico più elastico di altri e probabilmente tra i migliori tecnici d'Europa, abbia cambiato tanti schemi quanto il nostro Maurizio. Che ormai il 4-2-3-1 lo schiera in caso di necessità quasi sempre. 

    2. Aurelio De Laurentiis. E' il capro espiatorio per eccellenza, anche perché da egocentrico compulsivo è arrivato a una metamorfosi preoccupante: è diventato il Tafazzi azzurro. A lui vanno tutte le colpe, ma guai se mette mano alle coppe (c'è chi gli rinfaccia ancora di aver preso la Supercoppa dalle mani del Capitano, a Doha). Intendiamoci l'uomo si presta, ormai sta perdendo la testa anche nel redigere comunicati improbabili, ma individuare nell'insensata sfuriata post Real la causa della sconfitta contro l'Atalanta è una sfida al buon senso. La vittoria contro il Chievo è una prova di maturità dei ragazzi, la disfatta contro gli orobici invece colpa sua. Troppo comodo. Così come le campagne acquisti asfittiche: peccato che due degli acquisti più costosi di quest'anno, Maksimovic e Pavoletti, assomiglino più a paracarri che a giocatori di calcio. E che, Juventus esclusa, non ci sia stato un altro presidente altrettanto munifico e capace di monetizzare i propri giocatori: Thohir sul mercato è stato comico, salvo poi portare a casa la mandrakata Suning, dei Della Valle non parliamo, Pallotta ha messo in bacheca uno stadio immaginario (per ora). Berlusconi e i suoi cinesi non citiamoli neanche. 

    3. I tifosi. Avete presente gli ultras che danno a tutti dei "divanisti", degli "occasionali" e via cantando? Beh, il San Paolo - che qualcuno vorrebbe ridurre a 20.000 posti - ieri era quasi pieno. Per Napoli-Atalanta, di sabato alle 18, con pioggia scrosciante in un impianto imbarazzante di cui si vanta De Magistris per aver rifatto bagni e tribune che al popolo sono vietate. Ed erano i settori di quelli che ci sono solo quando si vince i più vivaci e anche i più sportivi alla fine. 

    4. Gli assenti che hanno sempre ragione. Sì, c'è chi dopo aver preteso di comprare Pavoletti - che naturalmente finché era al Genoa e si vociferava che potesse non arrivare era Van Basten - e aver jastemmato Gabbiadini fino alla settima generazione, ora lo guarda fabbricare doppiette con il Southampton (squadra di metà classifica della Premier, sottolineiamo) ora lo rimpiange. Accadrà anche con Ghoulam, ieri indecente e da sempre sopravvalutato, vedrete. E chissà, con un po' di fortuna, pure Maksimovic, Rafael e perché no, Strinic. I più arditi si strappano già le vesti pure per Omar El Kaddouri, che nell'Empoli raggiunge la sufficienza e dimenticando che lo scorso anno contro Roma e Milan ci strappò lo scudetto dalle mani con errori imbarazzanti a fine partita. Attendiamo quelli che insulteranno Sarri per non aver avuto il coraggio di schierare Leandrinho all'Olimpico e contro il Real.

    5. Giuntoli. Che non sa farsi valere, neanche lo hanno mai presentato alla stampa. Ah, ma si è dimesso dopo Napoli-Palermo. Allora è un destabilizzatore. E poi sul mercato non sa farsi valere. Ah, cavolo, ma quando vincevamo a Bologna e Cagliari collezionando goleade i suoi acquisti giovani erano azzeccatissimi. Ah no, il mercato lo fa ADL. Ma ADL è un pappone, quindi non può essere merito suo. Trovato, è tutto merito di Sarri che li valorizza! Eh no, al punto uno abbiamo detto che è colpa di Maurizio, che fa spettacolo ma non vince e non mette Rog! Ecco, ora come si fa? In un mondo di colpevoli, è impossibile assegnare meriti. E poi noi mai che compriamo giovanissimi da valorizzare: urgh e come la mettiamo con Leandrinho e Zerbin già sugli scudi nella Primavera? Vabbé, passiamo avanti. 

    6. Insigne. Fa niente che ha segnato gol belli e decisivi. Che inventi assist con la classe di Roberto Baggio. Che abbia segnato nelle partite più importanti degli ultimi anni (l'ultima finale di Coppa Italia, gli ottavi d'andata al Bernabeu). Eh, Lorenzo è un guappo di cartone al San Paolo, ha sbagliato pure contro il Palermo per paura. E' incredibile che nonostante faccia il terzino, l'ala, il rifinitore e la seconda punta, spesso contemporaneamente, segni solo in trasferta e che quando lo fa in casa poi il Sassuolo pareggia. 

    7. Marek Hamsik. Il capitano si nasconde quando il gioco si fa duro. Ecco questa è talmente grossa che neanche ve la spiego. Vi lascio ridere dell'enorme strunzat'. E usate l'almanacco e le statistiche, se non avete gli occhi, per vedere quante volte ci ha tolto le castagne dal fuoco. E che spesso sbaglia, perché si prende responsabilità che altri si sognano. Ma non tiene cazzimma, come direbbe il presidente Aurelio De Taffazzentiis.

    8. Pepe Reina e Dries Mertens. Eh sì, pare che il primo stia troppo su twitter e dovrebbe finire in tribuna come Bonucci a Oporto, mentre il secondo passi troppo tempo da Ciro a Mergellina. Salvo poi far loro una statua a Piazzale Tecchio perché amano Napoli alla follia, sempre e comunque, mentre noi amiamo loro solo quando parano rigori o fanno triplette in serie.

    9. I diritti d'immagine. Quelli c'entrano sempre, lo sapete. Stanno bene su tutto.

    10. Il provincialismo napoletano. Eh sì, perché tutti ci vogliono insegnare a essere napoletani e perché esserlo nel modo in cui lo siamo è sbagliato. Di solito chi ci spiega come dovremmo essere è un nostalgico di Rafa Benitez - e ve lo dice uno che lo ha amato molto - e che lo tira fuori a ogni sconfitta, ma pure dopo i pareggi. Quando c'era, i suoi due trofei erano portaombrelli per tifosucoli che si accontentavano di poco, per papponisti militanti. Ora che se n'è andato a farsi esonerare a Madrid e a fare la B a Newcastle, quelle coppette son diventate trionfi. Alcune, in bacheca, hanno persino visto crescergli i manici.

     

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