L'albero dei gufi modalità offline

Spetta ai tifosi del Napoli scacciare gli uccelli del male augurio. La stagione ancora non è finita.
  • di Lucio Fava Del Piano

    Ci si creda o no, è una settimana che non leggo e non sento niente sul Napoli. Quotidiani sportivi, commenti post partita, niente, neanche un sitarello di straforo. Niente di niente. Non è stata una scelta, sia ben chiaro, mi è solo capitata una settimana di lavoro di quelle che ti obbligano a fare i conti col fatto che ogni giornata ha solo 24 ore, senza proroghe. Sabato e domenica inclusi. E non me ne lamento, per carità.

    Anche perché, facendo i salti mortali, sono riuscito almeno a vedere le partite. Però niente pronostici infallibili del giorno prima e niente sentenze inappellabili del giorno dopo. Il che rende un po’ complicato identificare chi ha gufato chi.
    Nonostante tutto, una certa idea me la sono fatta. E l’idea è che a partire dal fischio finale a Kiev, l’albero dei gufi si sia improvvisamente popolato di immensi stormi di volatili bubolanti. Volatili di tutte le latitudini che probabilmente non aspettavano altro che il momento per poter urlare al mondo, o digitare compiaciuti, il proprio autoesaltatorio “io l’avevo detto”.
    E quindi via tutti, via Benitez, via Bigon, via Higuain (Higuain!), via - ci mancherebbe - il pappone De Laurentiis.
    Non voglio parlare di giornalisti, telecronisti e commentatori sportivi - basti dire che a inizio secondo tempo col Cesena ho tolto il commento vedendo il resto della partita solo con gli effetti dello stadio. Ma voglio parlare dei tifosi. E, nel mio piccolo, nel mio infimo, ai tifosi.
    Ma che è? Ma che avete passato? Ma che senso ha fischiare Koulibaly ogni volta che solo tocca palla? Esultare ai gol del Cesena? Pretendere la vittoria a tutti costi in base a non si sa bene quale diritto divino?
    Ci restano ancora due partite da giocare. L’ultima, con la Lazio, al San Paolo, potrebbe essere decisiva. Cerchiamo di giocarla in casa.

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