Storia di una passione, di un addio e del calcio che tiene aggrappati alla vita

Si chiamava Daniele Bellini, come il nostro Decibel. Amava giocare, scommettere, vincere, perdere. Dedicato a tutti quelli che non perdono mai la voglia di correre dietro a un pallone
  • Foto: zoomart.net

    di Annamaria De Mari

    Se chiedessimo a un tifoso napoletano chi sia Daniele Bellini, molti probabilmente rimarrebbero perplessi; i più informati però, sorriderebbero sornioni sentendo riecheggiare nella mente quella voce che risuona al San Paolo, e risponderebbero: è Decibel Bellini, lo speaker ufficiale del Napoli.

    Noi tifosi con quella voce abbiamo un rapporto particolare: la ascoltiamo attenti mentre scandisce le formazioni, la amiamo mentre annuncia i gol della nostra squadra e insieme a lei urliamo i nomi dei nostri giocatori, mentre diventa quasi fastidiosa quando ci avverte di un cambio che non convince.

    In ogni caso quella voce ci emoziona, in ogni caso quando sentiamo quella voce sappiamo che qualcosa è successo o sta per succedere.

    La storia di Decibel Bellini può far sognare perché racconta di un ragazzo semplice, appassionato di viaggi e grande tifoso di calcio che diventa speaker radiofonico, giornalista, voce della Ssc Napoli e ora, dallo scorso 11 Settembre, voce della radio ufficiale della squadra, Radio Kiss Kiss.

    Ma come per ogni favola che si rispetti, non si può arrivare al lieto fine senza intoppi: per Decibel il  rapporto non sempre idilliaco con i tifosi, che in qualche occasione lo hanno criticato dedicandogli striscioni non proprio teneri. Ma si parla di stagioni addietro, acqua passata ormai: il lieto fine per Decibel c’è stato proprio con la firma del contratto triennale con Radio Kiss Kiss.

    Ma uno stesso nome può raccontare storie diverse.

    Se mi chiedeste chi era Daniele Bellini, vi racconterei  un’altra storia: quella di un ragazzo di 34 anni, grande appassionato di calcio e tifoso della Juventus, un ragazzo che amava a tal punto il calcio da desiderare, nonostante la malattia devastante contro la quale combatteva, di seguire la sua squadra a Madrid e vederla giocare nel mitico Estadio Santiago Bernabeù; potrei raccontare la storia di un ragazzo che giocava a calcio in una squadra di paese, ad Anagni, che parlava di calcio con gli amici al bar, che è cresciuto a “pane e calcio”; e ancora di un ragazzo che scommetteva sempre sulla vittoria della Juventus, ma  che sportivamente ne criticava le scorrettezze;  e che portava le cuginette allo stadio per regalare loro le meravigliose emozioni che solo un vero tifoso può conoscere. Tutte quelle emozioni a cui lui è rimasto attaccato, nonostante tutto.

    Il calcio, per chi lo ama davvero, non è solo uno sport ma è un lasciapassare per una vita “normale”: durante quei 90 minuti non esistono i  problemi che sono fuori da quel campo. Per chi tifoso non è, vedere le reazioni di chi guarda giocare la propria squadra può essere un’esperienza grottesca, tra urla, imprecazioni e gesti scaramantici degni di una commedia di De Filippo. Ma un tifoso può capirlo, per un tifoso non è nulla di strano. In quei 90 minuti esiste solo il campo. Ecco perché anche il 6 ottobre 2013 Daniele voleva guardare la partita coi suoi amici juventini e milanisti, e ancora una volta tifare, gioire o arrabbiarsi, senza pensare a niente se non al calcio. Daniele quella partita non è riuscito a vederla, poco prima del calcio d’inizio per lui c’è stato il fischio finale: la Vecchia Signora ha vinto con un tifoso in meno. Un vero tifoso.

    La sua squadra, però, Daniele se l’è portata con sé: quella maglietta a strisce appoggiata sulla bara a testimonianza di un amore vero per uno sport che dà tante emozioni. E le emozioni sono vita, anche e forse soprattutto per chi alla vita non vuole rinunciare, nonostante tutto.

    Domenica prossima si giocherà Juvenutus- Napoli, Decibel Bellini non sarà chiamato ad annunciare sostituzioni e gol, mentre la Vecchia Signora dovrà fare a meno di un tifoso che non c’è più, ma che nel calcio ha trovato un grande amico che lo ha accompagnato per tutta la vita, un alleato nei momenti più bui, quando riusciva a regalargli un sorriso, a strappargli un urlo di gioia, a fargli vivere 90 minuti di pura emozione. Nonostante tutto.

    Perché i veri tifosi, aldilà del colore della maglia, sanno che, a volte, il calcio aiuta a vivere, o a sopravvivere.

    Dedicato a tutti quelli che ogni giorno combattono, vincono o perdono la partita con la vita.

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