Extranapoli ricorda Pino Daniele

Frammenti di vita vissuta. Gli amici del nostro sito dedicano un pensiero all'artista scomparso.
  • Manfredi “Freddy” Adams

    Ho esportato Pino Daniele in Grecia 32 anni fa. Conobbi dei musicisti di Atene che suonavano Lucio Dalla e proposi loro qualche pezzo del grande Pino. Ebbene si innamorarono di "Appucundria" e mi proposero di cantarla. Accettai, ma la vacanza volgeva al termine, cosi insegnai loro le parole ma soprattutto la musicalità della lingua napoletana. Furono bravissimi. Le risate che ci facemmo ancora oggi le ricordiamo, siamo rimasti amici... E purtroppo siamo uniti nel dolore, un dolore universale. Anche questo è stato Pino Daniele per me, oltre che un amico che mi ha accompagnato in diverse occasioni, belle e brutte della mia vita, con le sue parole e la sua grande musica!

    Francesco Albanese

    Estate 1990. Austria, regione del Burgenland. Insieme ad un gruppo di studenti liceali italiani sono “protagonista” di uno scambio culturale tra coetanei di varie nazionalità. La rappresentativa napoletana è piuttosto nutrita e vede alla sua testa Enzo (voce e chitarra) e Carmine (voce). Tra un Tony Tammaro ed un Bennato nel loro repertorio spicca il Pino Daniele di “Terra mia”. Canzoni come “Napul'è” e “Cammina cammina” diventano la naturale colonna sonora del soggiorno. Gli italiani (del nord, del centro e del sud) apprezzano molto, ma più di loro s'invaghiscono di quelle melodie degli studenti ungheresi della città di Gyor. Per loro si tratta della prima esperienza all'estero: il muro di Berlino è caduto soltanto pochi mesi prima. Non capiscono una parola, ma le note toccano il loro animo e per un mese intero ci costringono a tradurre parola per parola ogni singolo testo di quei pezzi ormai eterni.

    Enrico Ariemma

    Che cosa sia stato Pino, per me, ho ricordato altrove. Qui mi limiterò a ricordare come, nei miei gusti personali, un posto speciale occupi quella fase di ricerca incessante ora a prevalenza partenopea, ora di imprinting arabeggiante, ora piegata a cedimenti rock, ora innervata su chiarissime inflessioni fusion: un percorso che, dopo il dittico epocale di “Nero a metà” e “Vaimò” arriva fino a “Mascalzone Latino” (1990). Non c’è pezzo di quegli anni che non sia un dono prezioso, a volte “difficile”, banale e commerciale mai. 

    Certo, quello è il Pino lasciato in ombra anche dal blocco storico dei (sedicenti ma superficiali?) fans legati un po’ acriticamente ai “Quanno chiove “e “A me me piace ‘o blues”, quello è il Pino, temo, mai ascoltato da pletore di teens nati nei ’90 e innamorati dei “Che male c’è” e dei “Dubbi non ho”. 

    È da quell’amplissimo bacino di pezzi vagamente misconosciuti che, trascegliendo fuor da fiore, scelgo la “mia” canzone. No, in realtà io non ho una “mia” canzone. Potrebbe essere, la mia canzone, una qualunque compresa tra il 1977 (“Terra mia”) e il 1993 (“Che dio ti benedica”), più qualche brandello successivo sparso qua e là (ad esempio, amo “Medina” – 2000 di un amore davvero particolare, forse anche perché memore di un concerto ascoltato – e ballato – accanto al sindaco iervolino nell’area appena bonificata dell’ex Italsider). Non ho una “mia” canzone, dicevo. Oggi ascolterò tutto il giorno “Boys in the night” e “’A speranza è sempe sola” (quanti le ricordano?), ma domani tornerò a “Yes I know my way” e “Tutta n’ata storia”, come tutti.

    E dunque, 1984, Il Pino di “Musicante”, il più “Terra mia-oriented” dei suoi lavori, a mio parere. “Stella nera”: Una storia amarissima e delicata, la Napoli dei motoscafi blu e della pratica del contrabbando come strumento doloroso e necessario di sopravvivenza. Una vicenda di gente di mare, gente umile e forse povera (perché “chi tene ‘o mare […] nun tene niente”), il mare come spazio scuro e infido; e quando si va per mare a notte nera si alternano solidarietà ed egoismo (‘a gente ‘e mare s’aiuta / ma po’ ognuno penza a sé), terrore del nemico naturale (‘o mare se fa gruosso e rassumiglia a ‘o cielo) e del nemico istituzionale (se vede quacche luce, a finanza nun se fa vedè), la concitazione della fuga e la disponibilità al sacrificio (miette tutte cose a buordo, fuje e nun penzà a me). Uno spaccato di una Napoli che non c’è più, di cui l’intero “Musicante”, disco troppo spesso ricordato per la sola “Lazzari felici”, è strapieno. Le donne che parlano “a vocca ‘e raja”, le donne che lavano i pavimenti ricordando che “fa currente e s’asciutta ‘nterra, statte accorto, nun ce passà”, le donne che con certosina pazienza conservano ogni cosa perché “nuje ‘a dinto ‘e case nun jettammo niente”, le donne che raccomandano “si haje a ascì po’ fatte ‘a croce”. Napoli, quella esecrata da tanti sociologi d’accatto, da tanti antropologi di bottega, da tanti opinion-makers di risulta, anche in queste ore.

    Oggi il mio Pino è “Stella nera”, un racconto dolcissimo e ansiogeno dal finale aperto, come l’epilogo drammatico e franto al sax tenore di un siderale Mel Collins sembra suggerire. Approdati a riva, miseramente naufragati, o “acchiappati” dai Canarini?

    Il Bacchettone

    “Terra mia” cantata da tutti i Gruppi a San Siro nel 1991 ad un Inter-Napoli.

    Maurizio Criscitelli

    "Non mi date sempre ragione
     io lo so che sono un errore
    nella vita voglio vivere almeno un giorno da Leone"
     ...ciao Pino

    Nello Del Gatto

    Napule è tutto nu suonn e a sape tutt'o munno, ma nun sanne a verità. È da anni, da quando vivo all'estero, in diversi paesi, che questa frase mi accompagna. Mi sono sempre impegnato, ho fatto del mio meglio per far conoscere la verità di Napoli e i napoletani, vivendo il dissidio dell'emigrante, di colui che ha dovuto lasciare la sua terra per trovare lavoro, che si sente colpevole di parte dei problemi di Napoli, perché in qualche modo é andato via non contribuendo sul posto alla rinascita.
    Invece quella frase ci riabilita, ci dà una nuova motivazione: siamo lontani con la missione di far conoscere quella verità, quanto Napoli sia un sogno realizzabile. Questo è quello che sempre cercherò di fare. Perché anche se sono lontano, quella è sempre Terra mia.
    Spesso, incontrando persone nel lavoro, mi dicono, pensando di farmi un complimento, che non sembro napoletano. Per me è un'offesa, perché sono convinto che Napoli sia anche altro rispetto all'iconografia classica del mandolino, pizza, pastori, camorra, gente che non vuole lavorare o che viaggia in tre su un motorino senza casco. È proprio quella verità che non tutti sanno, e tocca prima a noi che viviamo all'estero farla comprendere. Quella strofa di Pino Daniele è una indicazione, un invito che dobbiamo raccogliere.
     

    Tommaso Lupoli

    "Forse la gente vede in me una parte di sé" (cit.) Pino Daniele

    Romano Montesarchio

    Guagliò ma che te ne fotte
    'a vita è sulo culo rutto
e niente cchiù
è voglia 'e se scetà
    'mmiezo a chello ca nun va
Ma che te ne fotte
basta ca staje bono 'a sotto
    e tu non ti stancare più
     ma faje chello ca vuo' tu.
    Questi versi mi sembrano il racconto delle sue ultime incredibili ore, che sono l'unico momento della sua vita che detesto, tutto il resto è "mille colori"..

    Antonio Moschella

    'Je so pazzo' è la colonna sonora di un viaggio improvvisato, realizzato per risolvere una questione spinosa ed enigmatica. Le note allegre e la dialettica partenopea di Pino accompagnavano i miei passi in una Parigi fredda e inospitale. Avevo 25 anni. Ma quella 'pazzia' mi salvò, oltre a servire come continuo stimolo di vita. Grazie Pinù.

    Peppe Napolitano

    Nel 1984, reduce dal movimento studentesco, ero nel pieno del mio impegno sociale e politico ed appena entrato a far parte della segreteria provinciale di Napoli della FGCI . Proprio in quei mesi, si lanciava la proposta di trasformarsi in un organizzazione federata a strutture aperte ai movimenti giovanili ed uno dei terreni di iniziativa fu individuato nella lotta alle droghe pesanti e si lanciò la proposta dei centri di iniziativa contro le tossicodipendenze.

    Avemmo la possibilità di poter organizzare e gestire la tappa napoletana di conclusione del “Musicante Tour” di Pino a cui, attraverso i suoi agenti, proponemmo che una piccola parte del biglietto fosse devoluta alla nascita di tale iniziative.

    Per tanti di noi, e per quella generazione, Pino rappresentava già la colonna sonora non solo della nostra vita ma anche del nostro impegno sociale.

    Porterò sempre nel cuore non solo la straordinaria esibizione di quel concerto del Settembre ‘84 alla Mostra d’Oltremare ma anche quelle poche battute che diversi di noi, impegnati nell’organizzazione a ridosso del palco, ebbero modo di scambiare con te che ci salutasti con un sorridente ma serio nell’espressione “Guagliù tutt’appost? “ .

    Così come porterò fino alla fine dei miei giorni quel “senso di colpa” per aver fatto passare settimane per comprare i biglietti del tuo ultimo concerto a Napoli arrivando al “Box Office” e trovando la scritta “Per Pino Daniele Biglietti Esauriti”.

    E dover oggi spiegare a mia moglie Ilaria che la promessa di portarla al prossimo concerto non potrò mantenerla perché “ ’o ssaje comme fa ‘o core…”

    Nel mio cuore tanti testi e melodie hanno segnato il mio percorso di vita, a partire dal mio inno preferito di “Napul’è”, ma se devo sceglierne uno scelgo il pezzo che, a mio avviso, meglio di ogni cosa sa parlare di te e di noi ed è quel struggente e meraviglioso “Terra mia” che a fine anni ‘70 mi fece innamorare di te.

    Cià guagliò

    Errico Novi

    Avevo 10 anni, un bambino. Era l'81. Vacanze a Baia Verde, cioè Castel Volturno, dove oggi si allena il Napoli. Il fratello grande di un amichetto aveva la stanza piena di poster. La metà ritrae questo signore con i capelli lunghi come un profeta. “È Pino Daniele”, dice il mio amico. Con la voce bassa, come quando si parla di qualcuno a cui si deve rispetto. I “grandi”, capii quel pomeriggio al Parco delle Anfore, avevano individuato un maestro, non solo per la musica che faceva. Lo sentii e mi sembrò una cosa importante proprio come quelle di cui parlano i grandi, e che i ragazzini non possono capire. Il maestro di una generazione, ecco cosa mi sembrò. Mi sbagliai, lo sarebbe stato per almeno cinque generazioni, compresa la mia, e non è finita qui.
     

    Lucio Pengue

    Pino Daniele è stato la colonna sonora della nostra vita. La sua melodia è dentro di noi, ci ha accompagnato, ci ha accarezzato, ci ha coccolato. La sua musica toccava le corde dell'anima e del cuore. Pino Daniele non si è mai sottratto alle collaborazioni con i grandi artisti, anzi, le cercava e le promuoveva. Era un napoletano che però si apriva al mondo, Napoli lo amava, ma lo travolgeva anche. Pino Daniele stava bene con se stesso e con la sua chitarra, con i suoi amici e sul palco trasmetteva la sua forza. Adesso non c'è più, ma la sua musica ci continuerà ad accompagnare. Un ricordo? Nel 1991 ero ancora uno studente liceale e "Quando" riuscì ad entrarmi dentro talmente tanto che credo di averla ascoltata un'ottantina di volte consecutivamente. Ciao Pino, ci mancherai!

    Boris Sollazzo

    Non lo so, non lo so proprio che brano scegliere.

    Pino mi ha accompagnato pure quando non lo sapevo. Mi ha cresciuto come napoletano in trasferta, mi ha dato orgoglio, identità, autocritica, sensibilità. Con le note, con i testi. Mi ha dato la rabbia e l'ironia per raffinarla, senza disinnescarla.

    Je so' pazzo, grazie a lui, A me me piace o' blues grazie a lui, non mi sono vergognato di essere uno Scarrafone in mezzo ai non napoletani, anzi fiero del mio carapace azzurro come il mare e il cielo, di quel Vesuvio che minaccia solo le menti ottuse. Sempre grazie a lui.

    Mi ha insegnato la Libertà, a tenere nel cuore, nella testa, nella pancia la Terra mia. Grazie a te, Pino, anche bere 'Na tazzulella 'e cafè non è più banale. Ecco forse sceglierei lei, perché fu licenziata come canzonetta ed è invece politica dal basso, analisi sociale e morale, radiografia antropologica. Che te lo dico a fare che Napul è tutto per me. 
    Se so tener testa a 'O Padrone così come a chi ha reso la mia vita Tutta 'nata storia, è perché hai dato voce ai miei sentimenti, alle mie idee, alla voglia di rivoluzione e cambiamento. A volte mi hai prestato delle parole che non sapevo di sapere.

    Lo so, siamo qua Sulo pe parlà, come Lazzari felici che non sempre conoscono la loro strada, 
    E tu mi risponderesti Che te ne fotte, Amico mio, la vita va avanti. E sì, hai ragione, va avanti. Ma sarà più brutta. Più triste, meno interessante, senza di te. Scrack, ha fatto il tuo cuore. E pure il mio. Quando troveremo un altro come te? Non lo so. Mo basta, però. Perché le lacrime scendono, e io invece voglio cantarti. Magari Maggio che se ne va, visto che è in scadenza.

    Giulio Spadetta

    Era una mattina del ’91 o forse del ’92, e non so più quale giornale mi aveva chiesto di andare in un paese dell’area flegrea per seguire una specie di evento. Presi la Cumana e il treno si fermò subito dopo un paesone che si chiamava e si chiama Quarto. Dal finestrino vedevo dall’alto un cortile tristissimo: detriti, rifiuti, carcasse di macchine e di motorini. Su un muro completamente sbrecciato qualcuno aveva tracciato con la vernice bianca una scritta enorme: “VOGLIO DI PIU’ DI QUELLO CHE VEDI”. E allora mi si aprì il cuore, perché pensai a “un ragazzino al secondo piano/ che canta ride e stona/ vuole andare lontano/ fa che gli sia dolce/ anche la pioggia nelle scarpe/ anche la solitudine”. Lo so, è un vecchio brano di De Gregori, non c’entra niente. Credo che mi venne in mente perché le belle canzoni stanno tutte nello stesso paradiso, e sono sicuro che era stato il ragazzino a fare la scritta.

    @svoltarock

    Tra i tanti ricordi di Pino: tutti i concerti visti con la mia metà (soprattutto l'ultimo) e i viaggi in auto con la sua e la nostra voce.

    Domenico Zaccaria

    Avevo 15 anni e andavo al mare in Calabria. Nel primo pomeriggio, il dj dello stabilimento iniziava a mettere musica e partiva sempre con I Say I' Sto Cca. Conoscevo le canzoni di Pino Daniele che andavano in voga in quel momento (metà anni 90’) ma non i suoi primi successi, ed è stato amore a prima vista. E quella canzone è diventata la colonna sonora delle mie estati per tanti, tanti anni.

     

     

     

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